Del mio primo sogno lucido, fu illuminante soprattutto il percorso di ritorno allo stato ordinario che chiamiamo veglia, durante il quale, in un continuum percettivo realizzai che la Coscienza è sempre desta e priva di identificazioni a priori, simile a un teatro vuoto in attesa che appaiano le scenografie, gli attori, il pubblico e possa iniziare una rappresentazione sempre inedita. In questo modo la Coscienza gioca a nascondino tra sé e sé, dimenticando la sua unità e focalizzando l’attenzione sulla banda di frequenza di volta in volta più funzionale per vivere l’esperienza che la attrae, esplorando infine null’altro che se stessa.
Quando l’attenzione è affascinata, perde la percezione di unità e si identifica con l’oggetto osservato: è un po’ come quando i bambini sono intensamente coinvolti in un gioco o nella visione di un film avvincente e perdono il senso del tempo, rapiti in una dimensione separata dal mondo circostante. Comunemente, a ogni livello di frequenza riteniamo la dimensione esperita come l’unica vera realtà e solo il risveglio a una frequenza differente può rivelarcene istantaneamente l’illusorietà.
Per esempio, se stiamo per essere aggrediti, ci sentiamo morire di paura, a prescindere
dal piano di esperienza sul quale siamo focalizzati. Poi, al culmine di un sogno ansiogeno, quando l’attenzione riaffiora a quella frequenza che definiamo veglia, con un respiro di sollievo pensiamo: - Ah, meno male, è stato solo un brutto sogno. – Ciò potrebbe suggerire l’ipotesi che in verità dormiamo sempre, credendo reale solo un piano alla volta, quello in cui ci percepiamo svegli, definendo erroneamente tutti gli altri piani come sogni irreali.
Si potrebbe rappresentare questo passaggio di piani con una metafora: se riscaldiamo
un cubetto di ghiaccio, si trasmuterà prima in acqua e poi in vapore. È facile comprendere che non si tratta di tre sostanze diverse e separate così come appaiono ai sensi, ma della stessa sostanza che attraversa tre diversi stati vibratori, dal denso al sottile.
Infatti, se invertiremo il processo, raffreddando il vapore torneremo ad avere di nuovo prima acqua e poi ghiaccio: ovvero la stessa unica materia tornata allo stato iniziale, ma ora più pura, grazie alla trasformazione alchemica.
Così possiamo intuire come l’osservatore fluttui attraversando un continuum ininterrotto
di piani frequenziali all’interno dell’Unità Coscienziale, in quel processo continuo
di trasformazione alchemica, illusoriamente percepito come dicotomico, che definiamo sonno e veglia e, se vogliamo estendere il paradigma, vita e morte.
Peraltro, tali separazioni sebbene illusorie sono necessarie all’evoluzione perché
ci consentono di cambiare continuamente personaggio e scena, sviluppando il personale processo di individuazione del Sé. In questo senso i sogni lucidi possono essere
un laboratorio di autoconoscenza molto raffinato che può collegare il ricercatore a immense risorse archetipiche, patrimonio dell’intera umanità, fornendo soluzioni inedite negli ambiti più disparati, come l’esplorazione di argomenti scientifici, tecnici, filosofici, creativi,
oppure la simulazione in vari ambiti della performance sportiva, della crescita personale, della trasformazione emozionale e perfino dell’autoguarigione.
(Bruno Banone)
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Estratto da:
"L'APPRENDISTA ONIRONAUTA. Sogni lucidi come scoperta del Sé."
Bruno Banone / Mimesis Edizioni / 2014
Norbunoneba è il protagonista di questa storia iniziatica, un viaggio nel sé
vissuto attraversando una serie di sogni lucidi. Norbunoneba comunica ricorrendo
a teorie e metafore insolite e al linguaggio poetico, sollecitando sia la sfera intellettuale
e razionale che quella emotiva e intuitiva. Perciò questo libro è distinto in due parti:
il lato Yang raccoglie i dialoghi, il lato Yin le poesie.
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